di Barbara Scarioni
I metodi per litigare funzionano. Dove sono adottati portano risultati, alcuni hanno anche un grande vantaggio: sono semplici.
In Croazia, a Malta, in Romania è stato scelto di guardare ai conflitti come risorsa, utilizzando metodi pedagogici per litigare e per imparare litigando. Litigare bene di Daniele Novara dai 2 ai 10 anni, le Carte dell’amicizia dai 6 anni e la Mediazione tra pari dagli 11 ai 18 anni: metodi diversi e complementari che hanno portato cambiamenti sorprendenti (su questo sito tutta la documentazione, esempi, testimonianze per toccare con mano una trasformazione che rimane cruciale, sia a breve che a lungo termine).
A Sanremo, a Nizza, a Bruxelles, in Europa si ragiona su questo tipo di sistema educativo e gli si dà credito, si capisce che riduce la complessità. Evidentemente è un’esigenza sociale e litigando a scuola si può imparare a stare meglio assieme, capaci di dire di no, di capire o accettare i no altrui, di agire con intelligenza per arginare la violenza.
Ma allora come si può riuscire a dargli più respiro, come trasformare questi orticelli che fioriscono e si espandono a macchia d’olio, tutti con esito positivo, in una massa critica più rilevante? Come espanderli a livello capillare?
Sono queste le domande che hanno portato al Policy Lab come strumento di partecipazione attiva. A Milano il primo incontro, condotto da Claudio Dondi, del Laboratorio che ispira pace (eiplab.eu) con Elena Passerini, coordinatrice del progetto Erasmus+ “Litigare a scuola”, ha riunito in un’aula tante voci, tutte coinvolte nel mondo dell’educazione, ma tutti invitati a lasciar fuori il proprio guardaroba formale e ruolo istituzionale per parlare liberamente di cosa si può fare davvero. Come far passare il messaggio che il litigio è democrazia?
Il Policy Lab è un incontro il più pratico e concreto possibile.
Mentre a livello europeo ragionamenti sull’educazione che è trampolino di lancio della convivenza sono già comuni, in Italia manca un’adesione diffusa a questo pensiero. Forse basterebbe riuscire a comunicare che Litigare Bene è più un togliere che aggiungere, che è un sollievo per tutti, non un’incitazione ad un’ulteriore fatica, e che alla fine riduce lo stress lavorativo – oltre a portare i benefici formativi che conosciamo.
Come alzare allora l’asticella e muoverlo ad un livello che può permettersi di raggiungere?
Cerchiamo di veder quello che non c’è: ecco le 4 fasi del Lab.
La prima è l’esplorazione dei punti di vista, in base alle prospettive degli stakeholder coinvolti. Qual è la policy challenge, quale il problema e la sfida su cui vogliamo intervenire? E qui si è rivelato punto chiave il dare voce alle bambine e ai bambini, spesso cittadini dimenticati, e il poter considerare l’educazione civica (già presente nel contesto scolastico) un varco per inserire nuove tematiche formative.
La fase 2 è convergente, si elencano proposte generali e non ci si concentra su ciò che dovrebbe essere, ma su ciò che potrebbe essere. Ci si sposta dalla ricerca di soluzioni all’esperienza di avanzamenti possibili, ragionevoli e fattibili.
Nella terza si affrontano i termini operativi, pragmatici: si disegnano e sperimentano le proposte, valutando quali fattori influiscono sulla loro realizzazione.
La fase 4 implica il compito di elaborare un documento di Policy Recommendations (Project Result 4) che vuole arrivare a raccogliere organizzazioni, voci e persone non già allineate e informate, che possano condividere gli obiettivi del progetto.
Durante la giornata sono state esposte possibilità, idee cariche di fiducia e realistiche che selezionate verranno poi portate avanti. Passo dopo passo, fino al passo successivo.
Il percorso prevede poi di ritrovarsi a fine gennaio 2024 per valutare insieme l’esperienza vissuta (comprese le difficoltà e le potenzialità incontrate) per promuovere un diverso modo di vivere i conflitti non più visti come ostacoli, ma come opportunità, per regole che creano libertà.
Immagine di Elena Passerini