di Elena Passerini
Il Manifesto per Litigare a scuola illustra tre età evolutive con i loro litigi in tre vignette, in alto a sinistra. Nei fumetti ci sono i messaggi che adulti competenti danno ai litiganti. C’è il metodo Litigare bene di Daniele Novara, l’unico utilizzabile per i più piccoli, poi le Carte dell’amicizia di Relationships Are Forever Foundation di Malta, e infine la Mediazione tra pari, ampiamente praticata da entrambi i partner croati.
Poi compare un bivio, segnato dalla inquietante immagine della bomba H, che evoca il test di Bikini, e il conseguente Manifesto Russell Einstein del 1955 pubblicato nelle News e parzialmente citato sotto la parola GUERRA. Accanto alla parola EVOLUZIONE è citata Maria Montessori, con piccole modifiche. Il capovolgimento della antica bugia ripetuta senza pensare «se vuoi la pace prepara la guerra» evoca le nostre Policy Recommendations.
Per poter abolire la guerra non bastano le «spiacevoli limitazioni alla sovranità nazionale» richieste da Russell, Einstein e l’ONU. Bisognerebbe aver già cominciato da piccoli a imparare a gestire le contrarietà e le difficoltà con le parole, con competenza, in modi evoluti e intelligenti. I bambini e le bambine, e poi i giovani, possono imparare a stare nei conflitti senza armi, senza violenza, senza insultarsi e con la consapevolezza e la fiducia che i problemi si leggono e affrontano insieme, allo scopo di vivere e giocare, senza fare disastri.
Per gli adulti è più difficile perché molti di loro hanno subito un’educazione che non era proprio orientata in senso scientifico montessoriano, cioè alla libertà e alla pace. Tuttora in molti paesi si educa alla guerra, alla competizione, al dominio o alla sottomissione, e all’individualismo. Tuttora esiste nel mondo una esplicita e una implicita educazione alla violenza e alla guerra.
La violenza infatti è un apprendimento, esattamente come la nonviolenza. E la guerra è una istituzione permessa dalla politica, non è un conflitto. Infatti i conflitti sono inevitabili, fin dall’infanzia, invece le guerre possono essere abolite.
Sotto la striscia centrale che evoca alcuni passaggi dell’evoluzione umana, sono illustrate le credenze degli adulti sui litigi e alcuni tipici modi di intervento, che ostacolano lo sviluppo delle competenze sociali. Il litigio è un’esperienza universale, comune a tutti, benché ognuno la viva a modo suo. Come reagiscono gli adulti in queste occasioni? Cosa dicono? Cosa fanno? Quali sono gli esiti delle risposte inerziali degli adulti ai litigi infantili? Le vignette mostrano le radicate credenze che molti adulti hanno in testa, più o meno consapevolmente.
E la serendipità dov’è?
Il Manifesto illustra i risultati previsti nel 2021. Nel frattempo è avvenuto un incrocio con il progetto finanziato dal Canton Ticino: la nuova edizione della mostra interattiva Conflitti, litigi e altre rotture. Il tema è lo stesso: i litigi. Ma invece di confrontare metodi diversi per cercare di renderli più trasferibili, integrati nelle scelte globali della scuola e meno sconosciuti ai decisori politici, la mostra interattiva è uno strumento originale ideato da Daniele Novara e dallo staff del CPP, itinerante in Italia e utilizzato in modo sistematico nelle scuole ticinesi dal 2000, grazie al lavoro degli insegnanti che la propongono a studenti da 11 a 14 anni. L’edizione 2024 contiene personaggi disegnati, compreso Albert Einstein. E riporta alcune parole chiave del Manifesto del 1955.
Lì c’è la parola inglese settlement, là dove quasi tutti – tranne qualcuno – si aspettano di trovare invece solution. Questo scarto di significato è un insight, presentato in una recente News.
Hanno scritto settlement, non soluzione come è tradotto solitamente in italiano. Siamo abituati a credere o pretendere che i conflitti debbano avere una soluzione, sciogliersi e sparire come sale nell’acqua, visto che sono sgradevoli. L’idea che tutti i problemi possano e debbano avere «una soluzione», è una pretesa priva di fondamento. Infatti sono moltissimi i problemi che hanno richiesto secoli o millenni per essere risolti, almeno provvisoriamente, e altrettanti problemi e conflitti rimangono irrisolti e insolubili. Questa ossessione per la soluzione, al punto di tentare di imporne una a tutti i costi, riafferma la logica della colpa e della punizione, la stessa logica che i bambini assorbono come spugne quando sono educati male, in un ambiente violento e antipedagogico che ostacola i loro litigi impedendo loro di imparare a convivere senza violenza.
La prima frase del nostro Manifesto per litigare a scuola contiene la parola chiave indicata da Russell: to settle, sistemare. È perfetta per i nostri metodi, che sono tutti sostanzialmente setting educativi.
Un approfondimento più completo, con lo stesso titolo di questa News, è in preparazione come Risultato di progetto 5, imprevisto.
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