A Malta, si spezza il circolo della violenza grazie al metodo Litigare Bene

Intervista all'insegnante maltese Amanda Mizzi sul metodo Litigare Bene
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di Silvia Raldi

Anche a Malta, in un contesto scolastico in cui l’insegnamento e l’apprendimento sono pieni di sfide, il metodo Litigare Bene si rivela una risorsa preziosa. Durante la settimana in Croazia, ho avuto modo di parlare con Amanda Mizzi, insegnante maltese, che ha partecipato al laboratorio tenuto da Elena Passerini sul Metodo Litigare Bene di Daniele Novara. Le ho chiesto la disponibilità a rispondere a un paio di domande e lei ne è rimasta entusiasta.

Ciao Amanda, vuoi dirmi di cosa ti occupi?

Ciao, sono Amanda Mizzi, vengo da Malta e insegno al Maria Regina College Naxxar Induction Hub, una scuola per migranti. Quando i migranti arrivano nel nostro paese non conoscono nessuna delle nostre lingue (maltese e inglese), noi gliele insegniamo così dopo un anno possono frequentare le nostre scuole tradizionali.

Quando hai conosciuto il metodo Litigare Bene?

Ho iniziato a seguire il programma Erasmus+ nel 2022, con il mio gruppo abbiamo iniziato a lavorarci, anche se sicuramente abbiamo bisogno di maggior formazione. Nel nostro gruppo abbiamo uno strumento, le Friendship Cards, che è multilingue, ma spesso i nostri studenti hanno bisogno di aiuto per leggerle. All’inizio usiamo le Carte dell’amicizia insieme al metodo Litigare bene, specialmente per insegnare le competenze emotive. C’è anche la carta “Siamo d’accordo di poter essere in disaccordo”. Possiamo usare subito il Metodo Litigare Bene: i ragazzi possono sedersi uno di fronte all’altro e iniziare a discutere. Abbiamo riscontrato che i nostri studenti hanno livelli molto diversi di educazione: non dipende solo dalle loro capacità ma anche dal loro retroterra culturale. Abbiamo iniziato a utilizzare con loro il Project base learning (approccio all’insegnamento che pone maggiormente l’accento sull’apprendimento da esperienze complesse, orientate verso il raggiungimento di uno scopo o di un obiettivo specifico) dove per insegnare matematica utilizziamo un programma in cui i ragazzi devono produrre un oggetto e poi venderlo. Devono incominciare dal budget, pensare a dove prendere il materiale, pianificare quanto spendere, creare il prodotto, andare a venderlo, calcolare il profitto, come se fosse un piccolo business.

Hai studenti di che età?

Sono della scuola secondaria, in questo caso particolare abbiamo ragazzi e ragazze di 13,14 e 15 anni insieme. Sono in tutto 45 studenti, divisi in tre classi, ognuna con il proprio insegnante.

Quante nazionalità sono presenti nelle vostre classi?

Possiamo avere facilmente studenti di 25-30 differenti nazionalità in un gruppo di 45 persone. Abbiamo iniziato ad accorgerci che i ragazzi provenienti da alcuni paesi erano molto portati in matematica, altri provenienti da altre nazioni no, perché non avevano avuto la stessa formazione. Quando lavoravano insieme, quelli, per così dire, più “brillanti” in matematica dicevano agli altri: «Sei uno stupido, non sai come fare queste cose basilari in matematica!» Tutto ciò non era giusto. Così abbiamo incominciato a cercare qualcosa in cui anche gli altri fossero “bravi” come, per esempio, la creazione manuale di un prodotto. Abbiamo chiesto agli studenti “intelligenti” di dire il nome di ogni studente e di dire in cosa fosse bravo. Quando toccava agli altri, dire qualcosa su quelli “intelligenti”: «sei bravo in matematica, ma non in altre cose!» iniziavano i contrasti ma anche a dire cose del tipo: «è vero, sono bravo in matematica, l’ho chiamato stupido, ma in questa cosa lui è più bravo di me». Quando gli chiedevamo: «Come ti fa sentire essere chiamato stupido»? la risposta era: «Non volevo chiamarlo stupido, perché so come mi sono sentito, quando mi avevano chiamato stupido».

Hanno iniziato a riconoscere che ognuno era bravo in qualcosa, così abbiamo incominciato ad avere molta più cooperazione, i ragazzi hanno iniziato a dividersi i compiti, a vivere come una comunità in classe. Questa è stata un’esperienza significativa

Pensi che l’utilizzo del Conflict Corner ti abbia aiutato?

Quando ho iniziato non ero ancora molto formata nell’utilizzo del Conflict Corner, non si trattava di un Conflict Corner vero e proprio, perché dal momento in cui non conoscono bene la lingua, non è possibile lasciare i ragazzi da soli a parlare. Ora dopo questa esperienza in Croazia, mi sento più formata, quest’anno lo introdurremo in un modo migliore, organizzerò il Conflict Corner e vi manderò le foto.
Il Litigare Bene mi ha dato quell’aiuto necessario: passo dopo passo iniziano a parlarsi, e riconoscere che uno è bravo in una cosa, l’altro in un’altra e iniziano a cooperare nel sistema educativo.

I ragazzi imparano a mettersi nei panni dell’altro?

Sì, riconoscono che ognuno ha il proprio potenziale, questa è la lezione che noi insegniamo loro con il metodo Litigare Bene.

Mi sembra un grande risultato!

Sì, è un ottimo risultato per la nostra classe: ora trovano accordi, il lavoro di gruppo è migliorato molto!
Come si fa a tenere insieme studenti con diverse lingue, culture, tradizioni?
La parte più difficile è quella riguardante le tradizioni culturali: i ragazzi di alcuni paesi guardano dall’alto al basso gli altri, hanno una specie di complesso di superiorità nei confronti degli altri paesi. Ma qui a scuola insegniamo che siamo tutti uguali. Con questo metodo i ragazzi capiscono che sono tutti allo stesso livello, con pari dignità.

Grazie Amanda, e in bocca al lupo per questo anno scolastico!